Lo Spettro – Bozza di romanzo

Una storia fantasiosa

Spettro
Mi chiamo Andrea Ascari e sono uno spettro. Spettro fantasma, ectoplasma, chiamatemi come vi pare. Non sono uno spettro normale, non frequento i castelli passeggiando di notte nei corridoi lanciando dei lugubri lamenti e neppure mi travesto con un lenzuolo bianco sulla testa. No. Io vivo nel mondo reale, sono tra di voi e uccido le persone. Avete capito bene, uccido le persone. Però non sono così cattivo come potrei apparire. Uccido le persone cattive, quelle che se lo meritano. Mi potreste dire: «chi è che decide se una persona merita di morire o meno?»
Questa è una bella domanda, a cui rispondo facilmente: io “so” chi è colpevole e chi è innocente e uccido solo quelle persone che non si sono mai pentite e che non provano nessun rimorso, quelle irrecuperabili e che hanno compiuto dei delitti terribili. Mi potreste dire:”perché lo fai?”
A questa domanda è più difficile rispondere, sento che quello che faccio è giusto, sento che questa è la mia missione e non provo pentimento per le mie azioni. Non so se sia Dio quello che mi comanda di agire, io la chiamo “La voce”. C’è una voce che mi descrive i delitti e anche se non mi dice espressamente di ucciderli sento che è quello che vuole che io faccia. Non sono però nato spettro, ero un uomo come voi con una moglie, un padre e una madre, avevo un lavoro che mi piaceva e degli amici con cui mi divertivo. Non mi interessavo di politica, amavo la musica e detestavo il calcio come molti di voi. Un giorno tutto questo cambiò, ma ve lo racconterò dopo, e mi ritrovai a essere quello che sono. Non ho bisogno di armi per uccidere le persone, io penso che devono morire e loro muoiono. Non provano dolore e nemmeno paura, a volta penso che la loro punizione sia troppo misericordiosa, per quello che hanno fatto meriterebbero di morire con il terrore sul volto e la paura nel cuore, a volte ci provo ma non sempre mi riesce. Voi non potete vedermi, non posso materializzarmi come a volte si legge nei romanzi, non mangio, non ho mai freddo né caldo. Potreste pensare che io stia bene ma non è così: mi sento solo. Ho alcuni amici tra gli altri spettri ma non sono amicizie come quelle umane. Il fatto di conoscere ogni pensiero, ogni sfumatura della mente degli altri rende la cosa monotona e il dialogo inutile. Noi spettri non siamo tutti uguali e non abbiamo tutti gli stessi compiti. Alcuni sono addetti a fare del bene alle persone, voi li chiamereste angeli custodi ma non sono angeli, sono spettri. Altri, come me, si
occupano di raddrizzare le ingiustizie ma non tutti agiscono al mio livello. Io ho il livello più alto e ne vado fiero, quelli con livelli più bassi si occupano dei torti ricevuti dalle persone e hanno una possibilità di azione più limitata della mia. La cosa che mi fa andare avanti è il desiderio di vendetta nei confronti di quelli che mi hanno ucciso, ogni mio attimo libero è rivolto a trovarli e fargliela pagare. Purtroppo tra i poteri che mi sono stati concessi non ho quello della preveggenza e non so chi sia quello o quelli che mi hanno ucciso e non so neanche il perché. Della mia morte ricordo poco, stavo camminando per strada per tornare a casa dopo una giornata di lavoro e ho sentito come uno spintono nella mia schiena e sono caduto a terra. Mi sono accorto che mi usciva del sangue dal petto, ho visto delle persone che si erano raccolte intorno a me e che parlavano tra di loro ma non capivo cosa dicessero. Poi sono morto. La mia essenza, se così si può chiamare è uscita dal mio corpo librandosi nell’aria. Mi vedevo riverso a terra con il sangue che si allargava in una pozza, le persone intorno a me erano sempre di più e in lontananza sentivo le sirene dell’ambulanza che si avvicinava. Mi avevano sparato alla schiena. Un solo colpo che mi aveva spaccato il cuore, non avevo visto chi era stato. Mi stavo alzando sempre di più, il mio essere era senza peso ma la brezza che c’era quella sera non mi spostava. Andavo sempre più in alto, non ero impaurito ed ero cosciente di essere morto. Mi dispiaceva solo lasciare questo mondo e i miei cari. Amavo mia moglie e in quel momento pensai che non ci avrei mai più fatto l’amore. Ma perché mi avevano ucciso? Questa domanda ancora me la pongo e non trovo la risposta. Facevo un lavoro tranquillo, lavoravo in una società informatica e mi occupavo di sicurezza. Dopo la laurea ero entrato in quell’azienda e mi trovavo bene. L’azienda non era molto grande ma era dinamica. Pensai a qualche collega invidioso ma non ne individuai. Di fatto non avevo nemici, o almeno nessuno che potesse arrivare a uccidermi. Ero ricco di famiglia, molto ricco e non avevo preoccupazioni economiche. La mia vita scorreva tranquilla e spensierata e con Camilla, mi moglie, avevamo messo in programma un figlio a completamente del nostro matrimonio.